Tutti mi dicevano che è bellissimo, che l’acqua è cristallina, che si vedono coralli e pesci coloratissimi, che se vai in Mar Rosso non puoi non fare snorkeling a Marsa Alam.
D’altro canto io ho sempre avuto paura di fare snorkeling. Anzi, meglio generalizzare: diciamo proprio che ho il terrore di fare il bagno in mare aperto!
Ma non è sempre stato così: da piccola ero un pesciolino, ho fatto nuoto quando avevo 3 o 4 anni. Poi c’è stata una lunga serie di vacanze estive con la mia famiglia in Sardegna, Corsica e Isola d’Elba e io ero sempre in acqua. Non che fosse mai stato il mio elemento preferito, intendiamoci, ma era bello giocare a fare la sirena con mia cugina e con mio fratello che faceva il tritino. Erano altri tempi.
Poi è cambiato tutto: estate 1999, Tunisia. Avevo 16 anni.
Il gruppo di amici che avevo conosciuto in villaggio aveva deciso di fare il bananone e così, dopo la prima euforia a bordo di quel gonfiabile giallo, il nero mi ha avvolta. Cascare in mare aperto senza nessuno intorno a te nei paraggi, senza sapere “cosa” hai sotto di te, senza sapere quanto impiegherà il motoscafo a ripescarti, senza sapere se resisterai o se il panico avrà la meglio su di te, è davvero sconcertante.
Dopo quell’episodio è stato tutto diverso per me anche se posso dire di averlo metabolizzato, col tempo e non immediatamente. Fare il bagno in mare non ha più lo stesso valore, ormai. La paura è sempre e solo una: trovarmi faccia a faccia con uno squalo.
Quell’incidente, chiamiamolo così, mi ha indubbiamente segnata e una paura fino a quel momento latente adesso predomina ogni volta che entro in acqua. Tuttavia mi reputo coraggiosa: questa paura non mi ha mai frenata a tentare, mi sono sempre imposta di dire “Ci provo!” e così negli anni ho fatto i miei bagnetti fugaci in mare, i miei tuffi dalle barche e perfino kayak. Ma è sempre una sorta di dovere, non più un piacere. È quasi una sfida che mi impongo per mettermi alla prova e vedere se ne esco vincitrice.
Prima di partire per il Mar Rosso un pensiero mi continuava a ossessionare: “Riuscirò a fare snorkeling a Marsa Alam?“.
Sembra una scemata, lo so. Ma sapete una cosa? Quando si parla di fobie o comunque di paure che non si possono controllare non c’è da scherzare. Proprio di questo parlavo ad Azzurra, la mia compagna di stanza conosciuta durante il viaggio Phone&Go in Egitto, alla quale ho provato a raccontare del perché avessi paura di fare il bagno al di là della barriera corallina.
Dopo una bella chiacchierata (con storie di squali annesse) siamo giunte ad una conclusione: il mattino seguente avremmo fatto snorkeling insieme al mattino presto, da sole, senza altre persone in acqua. L’acqua: è proprio quella che mi ha dato la spinta per buttarmi! Il mare di fronte al Tulip Beach a Marsa Alam è favoloso sia nella parte al di qua della barriera sia in quella alla fine del pontile, dove si entra in mare aperto.
“Come fai a non buttarti in un mare così?”. La voce di mia mamma, che mi avrà ripetuto questa frase non so quante volte, mi echeggiava nella testa. Così quella mattina ci siamo svegliate alle 7 e alle 7.30 eravamo già sul pontile. Alle 7.45 ero pronta ad entrare in acqua con maschera e boccaglio. Fase preparatoria, un piede dopo l’altro che scende ed entra in acqua, uno sguardo all’orizzonte: tutto tranquillo. Azzurra che si posiziona tra l’orizzonte e me.
Sono tranquilla, ho voglia di buttarmi, di nuotare e di fare un qualcosa che mi affascina ma al momento stesso mi incute timore.
In men che non si dica sono in acqua e – innegabile – guardo a destra, a sinistra, sotto, verso l’orizzonte, ancora sotto e di nuovo verso l’orizzonte. Non c’è alcun Nemo ma vedo tante Dori e anche un pesce che non conosco. Azzurra mi rincuora: “È un pesce flauto, è innocuo!”. È tutto troppo bello per farsi prendere dalla paura e uscire subito dall’acqua. Resto ancora un po’ a mollo, faccio qualche bracciata lungo il pontile, arrivo all’altra scaletta e poi torno indietro.
Non passa molto tempo quando ho lo stupore di vedermi passare accanto, sì e no a 10 metri, qualcosa di molto grande che si muove in modo lento. Il panico sta per sopraggiungere ma la riconosco: è una tartaruga.
Sorrido e capisco che le paure si possono affrontare e che quando ci si riesce ci si sente persone migliori.